Il dolore è un fenomeno complesso, e la modulazione cognitiva del dolore è influenzata da vari fattori quali attenzione, credenze, condizionamenti, aspettative, umore e regolazione delle risposte emotive agli eventi sensoriali nocivi. Il dolore cronico, sintomo principale in molte patologie reumatologiche, ha un notevole impatto sulla qualità della vita dei pazienti. Fortunatamente, per la gestione del dolore cronico sono disponibili numerosi presidi farmacologici e non, tuttavia in alcuni casi il sintomo può permanere e condizionare in modo profondo la vita della persona.
La Mindfulness, che si propone di raggiungere una chiara ed esatta consapevolezza della realtà dirigendo l’attenzione all’esperienza in modo intenzionale, senza presunzione, nel momento in cui accade facilita l’insorgere di una consapevolezza dello stato psicofisico, delle sensazioni e delle percezioni sensoriali, delle emozioni e dei pensieri, che aumenta la conoscenza di sé e le capacità di autoguarigione.
Già dagli anni ’80 la Mindfulness ha trovato un campo privilegiato di applicazione nella gestione del dolore resistente ai trattamenti usuali. Alcuni autori hanno esplorato gli effetti ed i meccanismi di azione della meditazione di Mindfulness sul dolore, pubblicando svariati articoli scientifici.
Alcuni studi di neuroimaging hanno esplorato le basi neurali della capacità della meditazione di consapevolezza di modulare la percezione del dolore. Questi studi hanno mostrato delle differenze tra meditatori novizi ed esperti: i novizi mostravano un aumento dell’attivazione delle zone di regolazione cognitiva del processo nocicettivo-cioè legato al dolore (corteccia del cingolato anteriore e insula anteriore), e delle aree coinvolte nella riformulazione della valutazione dello stimolo (corteccia orbitofrontale), mentre vi era una riduzione dell’attivazione della corteccia primaria somatosensoriale.
Al contrario, i meditatori esperti presentavano una ridotta attivazione della corteccia prefrontale dorso e ventro laterale e un incremento delle regioni di primo processamento (insula, corteccia somatosensoriale e talamo).
I novizi si caratterizzavano quindi per un aumento del controllo cognitivo (top-down) che coinvolge la corteccia prefrontale e comporta uno sforzo attentivo e mentale, mentre dai risultati degli studi sembra che gli esperti “non abbiano bisogno” della corteccia prefrontale poiché l’attitudine di accettazione verso l’esperienza innesca di preferenza una elaborazione bottom-top, cioè dalle zone più profonde ed antiche del cervello verso la corteccia comparsa più di recente nella storia evolutiva.