Il rapporto tra eventi esterni e malattie organiche è noto da sempre, la letteratura è ricca di resoconti di personaggi che muoiono improvvisamente o sono colti da malattie debilitanti a seguito di forti emozioni, oppure casi di donne che abortiscono spontaneamente per un forte trauma. Casi di malattie che insorgono apparentemente a causa di eventi esterni sono frequentemente osservati dai clinici, anche se non è chiaro se si possa parlare dell’evento in termini di causa sufficiente oppure di fattore scatenante il disturbo. È necessario introdurre l’argomento vulnerabilità: lo stesso evento non ha per tutti lo stesso significato e lo stesso impatto, a causa di fattori soggettivi quali esperienze passate, tipo di difese psicologiche, reazioni fisiologiche e capacità di gestione delle difficoltà (coping).
Negli anni ’50 la questione fu affrontata e brillantemente trattata dall’endocrinologo di origine ungherese Hans Selye, il quale osservò come tipi diversi di eventi perturbanti per l’organismo producevano le stesse manifestazioni fisiologiche, in particolare: ulcere peptiche, atrofia del sistema immunitario e ingrossamento delle ghiandole surrenali.
Selye parlò di stress e di fattori stressanti o stressor, e chiamò la risposta fisiologica ad essi: “sindrome generale dell’adattamento”. Quest’ultima si manifestava con una prima fase (allarme), contrassegnata da una reazione di stress acuto in cui sono mobilitate le difese dell’organismo (aumento dell’attività dell’asse ipofisi-corticosurrene), a cui segue una seconda fase (resistenza), in cui l’organismo è impegnato a fronteggiare l’agente stressante e in cui continua l’iperproduzione di cortisolo da parte del surrene, ed si conclude con una terza fase (esaurimento) che subentra quando l’esposizione allo stressor si protrae a lungo e l’organismo non riesce a mantenere più lo stato di resistenza: la corteccia surrenale entra in stato di esaurimento funzionale e si possono sviluppare patologie anche irreversibili, fino alla morte.
L’importanza delle scoperte di Selye risiede comunque nell’aver stabilito chiaramente l’esistenza di un rapporto tra stimoli esterni (ad esempio una minaccia), e reazione interna dell’organismo e nell’aver stimolato gli studiosi ad indagare i rapporti tra organismo e ambiente e, in particolare, tra stimoli ambientali, reazioni psicologiche, modificazioni fisiologiche e sviluppo di malattie.
scritto da Alessandra Benedetti