Quando la timidezza diventa patologia: il Disturbo da Ansia Sociale
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Provare ansia mentre eseguiamo un compito di fronte ad altre persone è un’emozione normale e consente, se rimane entro limiti fisiologici, di ottimizzare la propria performance. Alcune persone però hanno una marcata sensibilità e valutano in modo eccessivo il giudizio degli altri, fino al punto di non essere più in grado di controllare le proprie reazioni emotive. Si parla allora non più di timidezza “fisiologica”, ma di “fobia sociale” o “ansia sociale”.

Così come nel caso di altri disturbi mentali, l’ansia sociale sembra costituire l’esasperazione di atteggiamenti che favoriscono l’adattamento dell’individuo nella società. Gli uomini sono predisposti geneticamente al timore del giudizio altrui, un timore giustificato dall’esigenza di mantenere l’aderenza al gruppo degli individui più deboli, attraverso il rispetto della gerarchia. I comportamenti di sottomissione ai superiori si realizzano mediante vari segnali, come l’evitamento dello sguardo, e l’adozione di posture particolari. Qualche volta i sistemi biologici preposti alla difesa nei confronti dei propri simili sono alterati, e allora l’individuo interpreta come minacciosi degli atteggiamenti normalmente non ritenuti tali, e l’esposizione alle situazioni sociali provoca in loro reazioni ansiose con manifestazioni neurovegetative intense che possono giungere fino al panico.

I soggetti che soffrono di fobia sociale temono di diventare oggetto dello scherno degli altri perché hanno l’impressione di comportarsi in modo ridicolo e impacciato, e al fine di evitare di provare queste sgradevoli sensazioni fisiche e psichiche limitano o addirittura interrompono le loro relazioni sociali. L’elemento nucleare della fobia sociale è l’ansia, che si esprime sul piano somatico con svariati sintomi e manifestazioni neurovegetative (rossore al volto, sudorazione, palpitazioni, balbettio, tremori, tensione muscolare, sensazioni di nausea, vertigini, sensazione di allarme e pericolo e senso di vuoto mentale).

L’ansia sociale può manifestarsi in tutte le situazioni che comportano un contatto sociale, oppure può essere circoscritta a specifiche situazioni (ad esempio: firmare un documento, parlare o mangiare in pubblico), in quest’ultimo caso l’interferenza sull’adattamento sociale sarà minore.

L’età di esordio è precoce, nell’infanzia o adolescenza, e la prevalenza nella popolazione generale è piuttosto elevata, con percentuali che variano dall’1 al 16% a seconda degli studi.

Il decorso di questo disturbo è spesso invalidante e cronico, e complicato da fenomeni secondari tra cui la depressione e le condotte di abuso alcolico. Queste ultime costituiscono originariamente un tentativo autoterapico (l’alcool come ”lubrificante sociale”), ma talvolta assumono un decorso autonomo portando spesso al precipitare di sintomi depressivi che complicano il quadro clinico. Solo un’attenta osservazione e ricostruzione della storia clinica del soggetto può aiutare a comprendere e riconoscere le varie condizioni, e ad instaurare un approccio terapeutico adeguato.

Il disturbo da ansia sociale si associa frequentemente ai disturbi dell’umore, sia alla depressione che al disturbo bipolare.

Il trattamento del disturbo da ansia sociale si basa sulla psicoterapia cognitivo-comportamentale (informazione sulla natura del disturbo, riorganizzazione cognitiva ed esposizione alle situazioni temute), ma può avvalersi anche di un supporto farmacologico.

La ricerca nell’ambito della terapia farmacologica di questo disturbo d’ansia è iniziata in tempi piuttosto recenti. Risalgono agli anni ’70 i primi studi sull’efficacia degli Inibitori delle Monoaminossidasi (IMAO), che rimangono probabilmente i farmaci più efficaci in questo disturbo, anche se il loro utilizzo è limitato dalla scarsa maneggevolezza. Gli antidepressivi serotoninergici si sono mostrati utili, con il vantaggio di possedere un profilo di tollerabilità più favorevole rispetto agli IMAO. L’uso di benzodiazepine deve essere limitato a periodo brevi per il rischio di indurre abuso e dipendenza. Quando il disturbo è circoscritto a situazioni di performance specifiche e ben definite, possono essere utili i beta-bloccanti, utilizzati allo scopo di ridurre le manifestazioni neurovegetative dell’ansia.

scritto da Alessandra Benedetti

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