Attention Deficit Hyperactivity Disorder (ADHD). Pillole di clinica e terapia

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Il disturbo da Deficit dell’Attenzione con Iperattività, conosciuto anche in Italia con l’acronimo ADHD è un disturbo del neurosviluppo che si presenta durante l’infanzia e che spesso si prolunga anche durante l’adolescenza e l’età adulta, caratterizzato da disattenzione, iperattività e/o impulsività. La prevalenza negli Stati Uniti è del 5% della popolazione, con un rapporto maschi/femmine di 3/1. I sintomi influenzano pesantemente il funzionamento dell’individuo nelle aree personale, interpersonale e sociale, e scolastico/lavorativa.

L’ADHD si trova spesso in comorbidità con altre condizioni patologiche, in particolare con il Disturbo Oppositivo e della Condotta e con i Tic. Vi sono poi varianti dell’ADHD, l’una detta Iperattiva/Impulsiva (prevalente nei maschi) e l’altra con Inattenzione (prevalente nelle femmine), e una variante Combinata, che hanno diverse manifestazioni elettroencefalografiche e comportamentali.

La dimensione dell’iperattività tende a ridursi man mano che l’individuo cresce ed entra nell’età adolescenziale, nella quale prevalgono la disattenzione e l’impulsività, l’irrequietezza, la tendenza ad agire senza riflettere e l’impazienza. La disattenzione si manifesta sotto forma di distraibilità, dimenticanze, trascuratezze, e difficoltà organizzative. Gli adolescenti con ADHD hanno difficoltà a prestare attenzione alla lettura, all’ascolto, perchè hanno la mente “che vaga” (“wandering mind”); tendono a lavorare in ambienti disorganizzati, a rimandare i compiti che richiedono attenzione, e di conseguenza presentano marcate difficoltà e fallimenti scolastici. Da adulti, queste difficoltà si ripercuotono nello svolgimento e nel mantenimento dell’attività lavorativa, il cui rendimento è altalenante.  Anche sul piano interpersonale e sociale la distrazione ha le sue conseguenze e viene interpretata come pigrizia o irresponsabilità o volontà di non cooperare.

La terapia farmacologica si basa prevalentemente sugli stimolanti, tuttavia molti dei pazienti trattati (circa il 30% nell’infanzia) continuano ad avere sintomi residui e/o compromissione del funzionamento.

Gli stimolanti, di cui in Italia è disponibile solo il metilfenidato (altri sono: desmetilfenidato, destroamfetamina, lisdexamfetamina, e la combinazione di levo- e destro-amfetamina), alleviano i sintomi nel breve periodo (3-6 mesi) sia nei bambini che negli adulti, ma mancano dati sicuri sul lungo termine. Lo studio MTA, statunitense, ha dimostrato che il trattamento con stimolanti, associato  o meno con supporto psicoeducativo, mantiene l’efficacia dopo 14 mesi.

Gli effetti collaterali del metilfenidato sono nel bambino: mancanza di appetito e dolore addominale nel bambino, disturbi del sonno e cefalea. Meno comuni sono la labilità dell’umore e l’interferenza con la crescita staturale. Nell’adulto può provocare perdita dell’appetito, nausea, bocca secca, disturbi del sonno, cefalea, perdita del peso corporeo. Deve essere valutato anche il rischio cardiovascolare, in particolare in coloro che hanno familiarità positiva per questi disturbi. Questo rischio è minimo in Italia dove la formulazione del metilfenidato non contiene composti cardiotossici. Sembra che il metilfenidato possieda una potenzialità di abuso solo negli adolescenti e negli adulti, mentre ridurrebbe l’abuso di sostanze stupefacenti in adolescenza se usato nell’infanzia.

Anche gli antidepressivi triciclici sono stati impiegati con successo nell’ADHD, ma il loro uso è limitato dagli effetti collaterali e dalla potenziale cardiotossicità.

I farmaci non stimolanti sono l’atomoxetina e la clonidina. Gli effetti collaterali  di atomoxetina sono sonnolenza, bocca secca, nausea, stipsi, vertigine e calo dell’appetito, in alcuni casi c’è insonnia, rialzo pressorio, ipotensione ortostatica e tachicardia, disfunzione erettile nell’adulto. Non influenza la crescita staturale. La clonidina avrebbe una buona efficacia sull’iperattività, ma il suo uso e’ limitato dalla breve emivita e soprattutto dalla riduzione dell’effetto terapeutico nel medio-lungo termine.

Le terapie non farmacologiche non hanno mostrato sufficienti evidenze di efficacia. La terapia cognitivo comportamentale ha dimostrato essere efficace negli adulti con sintomatologia persistente in aggiunta al trattamento farmacologico.

Fonti:

Swedish Council on Health Technology Assessment. ADHD — Diagnostics and Treatment, Organization of the Health Care and Patient Involvement [Internet].Stockholm: Swedish Council on Health Technology Assessment (SBU); 2013 Sep. SBUYellow Report No. 217. SBU Systematic Review Summaries.

Albrecht e coll. : Pathophysiology of ADHD and associated problems-starting points for NF interventions? Frontiers in Human Neuroscience 2015 (9). doi:10.3389/fnhum.2015.00359

Modesto-Lowe V e coll.: Does mindfulness meditation improve attention in attention deficit hyperactivity disorder? World J Psychiatry 2015; 5(4): 397-403. doi:105498/wlp.v5.i4.397

scritto da Alessandra Benedetti

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