Attenzione e Mindfulness

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La definizione di Jon Kabat-Zinn di Mindfulness è “la consapevolezza che emerge prestando intenzionalmente attenzione, nel momento presente e in modo non giudicante, al dispiegarsi dell’esperienza, momento dopo momento”. Quindi il fattore attenzione è cruciale nei cambiamenti che si osservano nei soggetti che si dedicano alla meditazione di consapevolezza.

Non sorprende quindi che l’attenzione sia stata oggetto di studio da parte dei neurofisiologi che si occupano di ricerca nel campo della meditazione.

L’attenzione ha tre componenti: allerta, (l’attenzione necessaria in vista di un evento imminente, regolata attraverso il rilascio di noradrenalina a livello del locus coeruleus), orientamento (ovvero la selezione di informazioni specifiche a partire da un insieme di stimoli sensoriali, regolato a livello delle aree frontali e parietali), monitoraggio del conflitto o attenzione esecutiva (monitoraggio e risoluzione dei conflitti tra aree neurali diverse, regolato dalla corteccia anteriore del cingolo, insula anteriore e gangli basali).

La pratica di meditazione di concentrazione – ad esempio sul respiro – prevede di riportare l’attenzione sul respiro ogni volta che il soggetto si distrae, il che può essere visto come un processo di regolazione dell’attenzione e risoluzione dei conflitti che migliora l’esecuzione dei compiti.

Presi nel loro insieme, gli studi sembrano indicare che nei meditatori novizi si verifichi un miglioramento del monitoraggio del conflitto e dell’orientamento già dopo un training di pochi giorni, mentre nei meditatori esperti si osserva il miglioramento dell’allerta (capacità di rimanere attenti per periodi prolungati di tempo). Tuttavia, è ancora poco chiaro in che modo pratiche meditative di diverso tipo influenzino le varie componenti dell’attenzione. Di fatto, molti meditatori riferiscono un aumento di questa facoltà durante e dopo il training di mindfulness.

Meccanismi neurali legati all’aumento del controllo dell’attenzione

La corteccia del cingolato anteriore, la struttura più coinvolta nell’attenzione esecutiva e nella risoluzione dei conflitti tra informazioni incompatibili in entrata, si attiva durante la meditazione inibendo il sistema nervoso periferico sostenuto dai neuroni noradrenergici, e permettendo quindi l’attivazione del sistema parasimpatico responsabile del rilassamento. Parallelamente, il cingolato anteriore produce l’attivazione del locus coeruleus che aumenta il rilascio intracerebrale di noradrenalina, con conseguente aumento dell’attenzione. L’attivazione del cingolato anteriore tende a ridursi in soggetti con una storia più lunga di meditazione, nei quali studi con Risonanza Magnetica Nucleare hanno mostrato nel cingolato anteriore l’aumento dello spessore corticale e una maggiore integrità della sostanza bianca.

Anche la corteccia prefrontale dorsolaterale e parietale subiscono l’aumento dell’attivazione durante i training meditativi. In uno studio su meditatori Zen si è visto che la riduzione della sostanza grigia del putamen legata all’età veniva rallentata, così come rallentato era il declino delle performance di attenzione sostenuta.

Deve essere sottolineato che non è stato ancora accertato se i cambiamenti funzionali e strutturali descritti siano veramente collegati – e causino – l’aumento dell’attenzione osservato nei meditatori, per questo sono stati suggeriti studi di lunga durata che usino la Risonanza Magnetica Nucleare funzionale.

Fonti

Chiesa A e coll. Does mindfulness training improve cognitive abilities? A systematic review of neuropsychological findings, Clinical Psychology Review, 2011; 31(3):449-464. doi:10.1016/j.cpr.2010.11.003

Tang e coll. The neuroscience of mindfulness meditation. Nature reviews.Neuroscience. 2015,16: 213-225 doi:10.1038/nrn3916

scritto da Alessandra Benedetti

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