Cosa è il microbiota
Migliaia di specie microbiche diverse risiedono all’esterno e all’interno del nostro corpo. In particolare, circa 1 kg di microrganismi popolano l’interno del nostro sistema gastrointestinale, con concentrazioni diverse nei vari organi: mentre poche specie popolano lo stomaco, più di 1000 tipi di microrganismi (tra cui archea, eucarioti, virus, batteriofagi e funghi) si trovano nel colon.
Il genoma umano presenta il 37% di parti omologhe a quello di batteri ed archaea. Il corpo umano sembra quindi essere un ecosistema complesso composto da cellule di specie diverse in rapporto simbiotico tra loro.
Il microbiota si installa durante il parto (il neonato è sterile fino a alla nascita), a partire dalle popolazioni microbiche presenti nella vagina, sulla pelle e nelle feci della madre e continua a modificarsi acquisendo nel tempo nuove specie dall’ambiente, fino a diventare stabile tra i 6 e i 36 mesi di vita.
Il ruolo delle varie specie di microrganismi intestinali rimane in parte sconosciuto: sappiamo che formano la barriera intestinale, e la mantengono, stimolando l’epitelio a rigenerarsi producendo acidi grassi a catena corta e muco, quindi esercitando un’azione trofica sulla parete intestinale.
Sappiamo anche che il microbiota nei primi anni di vita stimola la maturazione del sistema immunitario, del tessuto linfoide della mucosa e dell’immunità acquisita, attraverso la stimolazione di risposte immuni locali e sistemiche. Infine contribuisce alla sintesi e metabolismo di certi nutrienti, ormoni e vitamine e all’allontanamento di tossici e farmaci. In condizioni fisiologiche la stimolazione continua del sistema immunitario da parte del microbiota porta ad uno stato infiammatorio di basso grado, che rappresenta un rapido ed efficiente mezzo di difesa contro gli agenti patogeni. Inoltre il microbiota, con un meccanismo di competizione per i nutrienti presenti nell’intestino, sottrae cibo ai patogeni e ne inibisce la crescita.
Sappiamo che la disbiosi intestinale, cioè l’alterazione della qualità del microbiota, è correlata a obesità, allergie, malattie autoimmuni, colon irritabile, malattie infiammatorie intestinali, e disturbi psichiatrici.
Microbiota e patologia psichica
Sempre maggiori evidenze supportano una stretta interdipendenza tra cervello e intestino: si parla di “asse intestinale cerebrale”.
Le prime ipotesi sulla stretta correlazione tra alterazioni intestinali e cerebrali furono fatte più di un secolo fa in ambito chirurgico militare, dove in un paziente con una fistola gastrica si notarono discrete alterazioni dell’umore. Più di recente si è osservato che i soggetti con schizofrenia, depressione e disturbo bipolare manifestano uno stato infiammatorio cronico, e questo è stato messo in relazione con possibili alterazioni del microbiota. Infatti, le alterazioni della flora intestinale e la conseguente alterazione della permeabilità dell’intestino portano alla produzione e alla messa in circolo di sostanze che inducono infiammazione, o “endotossine proinfiammatorie”, in particolare il lipopolisaccaride. Quest’ultimo ha anche un ruolo di modulatore cerebrale e incrementa l’attività dell’amigdala, una parte del cervello implicata nella regolazione della risposta da stress. L’alterazione della permeabilità intestinale porta anche alla produzione di citochine proinfiammatorie che agiscono a livello cerebrale modulando la sintesi dei neuropeptidi, cioè di sostanze responsabili della comunicazione tra cellule cerebrali.
Quindi le alterazioni dell’intestino possono portare a cambiamenti dell’attività cerebrale e influenzare la percezione del dolore, la risposta immunitaria, il controllo emotivo e altre funzioni. La connessione tra intestino e cervello è però bidirezionale: il sistema nervoso può cambiare la flora intestinale, e modulare la motilità e la secrezione dell’intestino attraverso l’attivazione dell’asse ipotalamo ipofisi surrene. A testimonianza di questo, è stato osservato che la separazione del ratto neonato dalla madre, provocando una risposta da stress, aumenta il cortisolo che provoca alterazione della risposta immune e del microbiota fecale.
Un possibile ruolo del microbiota intestinale è stato suggerito nell’autismo, studiando modelli animali di confronto della composizione del microbiota in soggetti affetti e controlli e osservando le variazioni comportamentali dopo cambiamenti del microbiota. Si sono ottenuti alcuni risultati preliminari, ma sono ancora controversi e da confermare: bambini autistici presentano nell’intestino la specie Clostridium in quantità 10 volte superiore al normale, e vi sono squilibri tra altre specie di batteri e microrganismi. È stato suggerito che una infezione subacuta del tratto intestinale da clostridium tetani conseguente ad uso prolungato di antibiotici possa essere alla base di alcuni casi di autismo. È stata inoltre avanzata l’ipotesi che la patogenesi potrebbe risiedere nel fatto che una flora batterica alterata, producendo neurotossine possa condurre alla comparsa di sintomi dello spettro autistico. Anche le alterazioni della barriera intestinale è stata chiamata in causa nella patogenesi dell’autismo: bambini con autismo hanno infatti livelli ematici di lipopolisaccaride più elevati della norma, tanto più elevati quanto più bassi sono i livelli di socializzazione.
Per quanto riguarda la depressione invece già negli anni ’30 dello scorso secolo Yaskin osservò che il carcinoma pancreatico si accompagnava molto spesso a depressione, che poteva rappresentare la prima manifestazione clinica della neoplasia. Si presume che in questo caso il meccanismo sia un processo paraneoplastico che coinvolge neuropeptidi simili a quelli cerebrali. La connessione tra malattie mediche e depressione è per la psichiatria un tema di interesse da sempre: la “depressione medica” è diversa dalla depressione che insorge nel paziente libero da malattie somatiche? A sostegno di questa ipotesi, la “depressione medica” non presenta differenze di sesso nella sua prevalenza, scarsa familiarità, risponde meno alle cure e ha reperti EEGgrafici specifici. C’è comunque sovrapposizione tra le condizioni psichiche e somatiche: si è evidenziato che coloro che hanno malattie mediche hanno una maggiore probabilità di avere sintomi depressivi, non solo con un meccanismo psicologico reattivo ma in risposta a cambiamenti fisiologici. D’altra parte, pazienti depressi hanno maggiore vulnerabilità alle malattie mediche, in particolare a quelle cardiovascolari. La ricerca sulle malattie infiammatorie e irritative intestinali riporta luce sulla bidirezionalità della comorbidità psichiatrica e medica, suggerendo un ruolo delle alterazioni della flora intestinale.
Gli studi sugli animali hanno mostrato che nei topi con comportamenti ansiosi, il ripristino del microbiota intestinale riduce tali comportamenti. L’ingresso in circolo del lipopolisaccaride che provoca infiammazione e risposta immune è considerato un fattore causale della depressione e altre malattie psichiche. Il lipopolisaccaride somministrato in soggetti sani incrementa le citochine e anche la noradrenalina circolante e provoca sintomi depressivi. Alistipes, un batterio appartenente al genere bacteroidetes è stato trovato in eccesso nella depressione, nella sindrome da stanchezza cronica e nel colon irritabile, suggerendo un meccanismo comune tra le tre condizioni.
Risvolti terapeutici
Antibiotici
La terapia antibiotica è consigliata per modulare la flora intestinale e il miglioramento clinico del colon irritabile, malattie infiammatorie intestinali e la SIBO (crescita batterica eccessiva del piccolo intestino). La riduzione del lipopolisaccaride luminale conseguente a antibioticoterapia attenua la risposta allo stress. Questi cambiamenti ormonali e comportamentali sono stati osservati anche in studi nell’animale, e la minociclina è stata proposta come terapia antidepressiva. Nell’autismo la vancomicina ha prodotto miglioramento comportamentale e nella comunicazione. D’altra parte in uno studio del Regno Unito sulla popolazione generale è stato rilevato che l’uso di antibiotici è correlato positivamente con la presenza di depressione.
Probiotici
Sono microrganismi vivi di origine preferibilmente umana che conferiscono benefici non specifici alla salute dell’ospite. Interagiscono con la flora intestinale, aumentano la produzione di muco intestinale da parte delle cellule globose, rafforzano le giunzioni intercellulari. Modulano la risposta immune e infiammatoria favorendo la produzione di cellule T regolatorie. Inibiscono la produzione di citochine proinfiammatorie (IL-2, TFN-alfa, INF-alfa) da parte delle cellule dendritiche e aumentano la produzione di citochine antinfiammatorie (IL-10, beta-TFGF).
Sono stati testati come modulatori dei sintomi in disturbi d’ansia e depressivi. L.rhamnosus modula la produzione del GABA nel ratto: riduce nell’ippocampo, amigdala e locus coeruleus e aumenta nella corteccia. Riduce il cortisolo indotto da stress e i sintomi legati ad ansia e depressione. In questo studio si è evidenziato che l’integrità del nervo vago è essenziale per la trasmissione neuronale nell’asse intestino cervello. L.helveticus e B.longum hanno azione ansiolitica nel ratto e in associazione agli acidi grassi omega 3 riducono sintomi depressivi. B.fragilis migliora alcuni sintomi depressivi, ansia, in un modello animale.
Nell’uomo ci sono pochi studi. L.helveticus e B.longum somministrati per un mese riducono sintomi da stress in soggetti sani. L.casei somministrato per due mesi riduce l’ansia in soggetti con sindrome da stanchezza cronica, anche se un altro studio non ha mostrato miglioramenti dei sintomi depressivi ma un peggioramento della memoria.
Trapianto del microbiota fecale
Si tratta dell’inoculaziona di feci filtrate di un donatore sano a un paziente con uno specifico disturbo. È stato usato per la prima volta nel 1958 nella colite pseudomembranosa, e successivamente nell’infezione da Clostridium difficile, in cui ha dimostrato una sicura efficacia. Si è poi trovato che migliora l’umore e l’attività sessuale in pazienti con malattia di Chron ed è stato testato nella sindrome metabolica e nella sindrome da intestino irritabile. Si è inoltre rivelata efficace nel migliorare sintomi specifici della sindrome autistica.
Fonti:
Mangiola F, Ianiro G, Franceschi F, Fagiuoli S, Gasbarrini G, Gasbarrini A. Gut microbiota in autism and mood disorder. World J Gastroenterol 2016 Jan 7;22(1):361368 doi:10.3748/wjg.v22il.361
Lurie I, Yang YX, Haynes K, Mamtani R, Boursi B. Antibiotic exposure and the risk for depression, anxiety, or psychosis: a nested case-control study. J Clin Psychiatry. 2015 Nov;76(11):1522-8. doi: 10.4088/JCP.15m09961.
Petra AI, Panagiotidou S, Hatziagelaki E, Stewart JM, Conti P, Theoharides TC. Gut-microbiota-brain axis and effect on neuropsychiatric disorders with suspected immune dysregulation. Clin Ther 2015 May 1; 37(5):989-995. doi:101016/jclinthera.2015.04.002
scritto da Alessandra Benedetti