Disturbo di Panico
panico

Il disturbo di panico è caratterizzato da stati ricorrenti di ansia acuta, caratterizzati da sintomi che si esprimono sul versante neurovegetativo in maniera piuttosto variabile (palpitazioni, senso di soffocamento, vertigini, tremore, sudorazione, formicolii, senso di irrealtà, disturbi gastrointestinali…). Gli attacchi hanno una durata che varia da pochi secondi ad alcune decine di minuti, e sono solitamente seguiti da un periodo di spossatezza (fase post-critica).

A seguito degli attacchi, gli individui di solito sviluppano il timore e la preoccupazione di poter avere nuovamente altri attacchi (ansia anticipatoria) e, in una percentuale notevole, il timore e l’evitamento di luoghi o situazioni da cui sarebbe difficile allontanarsi o in cui sarebbe difficile trovare aiuto (agorafobia): piazze o strade, ascensori, mezzi pubblici, negozi e supermercati, guida dell’auto, allontanarsi da casa o rimanere in casa da soli.

In un’altra notevole percentuale di casi, insorge la fobia delle malattie (ipocondria), in particolar modo della morte improvvisa per infarto o ictus, che porta il paziente a rivolgersi a varie figure mediche per effettuare accertamenti di ogni genere. In alcuni casi può anche essere presente una fobia sociale secondaria al panico, che porta ad evitare situazioni quali parlare, mangiare o eseguire performances di fronte agli altri, per paura di andare incontro ad un attacco di panico. Se il panico dura a lungo, può insorgere un quadro di demoralizzazione secondaria alle limitazioni provocate dal disturbo primario.

Il disturbo di panico è piuttosto frequente nella popolazione (1-2%), prevale nel sesso femminile ed esordisce tipicamente tra i 20 e i 30 anni. Il decorso del disturbo è molto variabile: in un terzo dei casi assume caratteristiche di vera e propria cronicità, mentre in un altro 40% la malattia si mantiene sintomatica, ma con l’alternarsi di periodi “buoni” e altri “meno buoni”.

Il disturbo può avere importanti ripercussioni sul piano dell’adattamento sociale e lavorativo, soprattutto a seguito all’instaurarsi delle condotte di evitamento agorafobico, che inducono il soggetto ad isolarsi, abbandonando i contatti sociali e talvolta l’attività lavorativa.

Prima di trovare la strada giusta per un adeguato trattamento, può capitare che il medico di famiglia prescriva degli ansiolitici (benzodiazepine), che alleviano l’ansia anticipatoria e che vengono usati per riuscire ad esporsi alle situazioni agorafobiche temute. Purtroppo queste sostanze, a causa delle loro caratteristiche (facile reperibilità, innocuità immediata, maneggevolezza) vengono poi assunte in maniera autonoma, a dosaggi e frequenza progressivamente maggiori fino ad creare dipendenza, al punto che la loro interruzione si può accompagnare a sintomi di astinenza e spesso ad una recrudescenza del panico. Talvolta la persona può anche trovare sollievo nell’uso di alcolici, con il rischio di sviluppare abuso o dipendenza, che assumono un decorso autonomo aggravando notevolmente le condizioni fisiche e psichiche dell’individuo. Emerge quindi che il disturbo di panico, pur non essendo considerato una malattia mentale grave, può complicarsi con condotte di evitamento e di abuso che rallentano la risoluzione e possono portare a quadri di cronicità.

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