Le principali teorie delle emozioni 1. James & Lange, Cannon & Bard

100_1689

In generale, due sono le principali correnti di pensiero sulla natura delle emozioni. Quella innatistica si rifà alle teorie di Charles Darwin, secondo cui le manifestazioni emotive sono residui di risposte un tempo funzionali al processo evolutivo (ad esempio, il riso sarebbe il residuo del ringhio con cui l’animale si prepara ad attaccare). Quella antiinnatistica si basa sulla constatazione che molte emozioni hanno un significato diverso da cultura a cultura e, nello stesso soggetto, da momento a momento, per cui è impossibile stabilire una corrispondenza tra situazione ed emozione, mentre è probabile un’interpretazione dell’emozione come variabile individuale dipendente dalla storia delle relazioni significative e dal contesto culturale.

A grandi linee, possiamo distinguere le principali teorie contemporanee sulle emozioni come segue:

Teorie Neurofisiologiche

                  di James-Lange e di Cannon-Bard

Teorie Cognitive

                 Teoria di Arnold (della piacevolzza/spiacevolezza)

                 Teoria Cognitiva-Attivazionale di Schachter-Singer

                 Teoria dell’Appraisal di Lazarus

                 Teorie Cognitivo-Computazionali (ad es.quella di Frijda)

Teorie Neoevoluzionistiche

                 di Tomkins – anni’60, di Izard – anni’70, di Plutchick – anni ’60 fino ad oggi,

                 e la teoria Neuroculturale di Ekman

Teorie Costruzionistiche

                 di Averill – 1980, di Trevarten – 1990


Secondo la teoria periferica di James e Lange (1884), l’esperienza emozionale soggettiva viene percepita alla fine di un processo che si svolge nel corpo: si chiama periferica perchè prima di provare l’emozione deve accadere qualcosa nel corpo, mentre l’emozione è la sensazione percettiva soggettiva di quello che accade.

Ad esempio, vedendo un automobile avvicinarsi mentre attraversiamo la strada si attiva uno stimolo emotigeno (che provoca un’emozione): nel nostro corpo avvengono mutamenti fisiologici, dovuti a risposte espressive e comportamentali, ma solo alla fine di questi mutamenti sentiamo la sensazione oggettiva, cioè la percezione soggettiva di tutti i movimenti che sono avvenuti nel nostro corpo, in questo caso soggettivamente percepiamo paura.

James e Lange propongono perciò che l’emozione sia biologicamente radicata nel corpo, soprattutto nei muscoli viscerali. Con le celebri parole: «non tremiamo perché abbiamo paura, ma abbiamo paura perché tremiamo», ribaltando il senso comune, James sostiene che non piangiamo perchè siamo tristi ma la tristezza è il nome che diamo alle modificazioni che avvertiamo, pianto incluso.

L’emozione sarebbe dunque determinata a livello cosciente dalla percezione delle risposte dell’organismo agli stimoli che causano la paura, la rabbia, la tristezza o la gioia (per es., in seguito a uno stimolo terrificante, si verifica una reazione di fuga e le sensazioni somatiche relative alla corsa, insieme con le sensazioni delle risposte viscerali indotte dal sistema autonomo, determinano il senso di paura); riusciremmo a provare un’emozione in assenza dei correlati fisiologici a cui siamo abituati, come il battito cardiaco accelerato o la contrazione addominale?

Questa teoria venne testata sperimentalmente e le furono mosse diverse critiche a partire dall’osservazione che, ad esempio, l’assenza di comunicazione tra visceri e sistema nervoso non ha effetto sulla reazione emotiva, e che medesimi cambiamenti fisiologici che si hanno in un’emozione si attivano anche in altre situazioni prive di colorazione emotiva (ad es. la tachicardia dopo una una corsa); e infine che i visceri hanno una sensibilità troppo scarsa, una motilità indifferenziata, una risposta troppo lenta per giustificare la rapidità di insorgenza della percezione emotiva.

Cannon e Bard (1927) proposero invece una teoria cosiddetta centrale: secondo questa teoria, lo stimolo emotigeno scatena una immediata risposta emozionale soggettiva a mediazione cerebrale. La stimolazione di specifici centri nervosi darebbe luogo contemporaneamente alla sensazione soggettiva, all’attivazione del sistema nervoso autonomo e alle manifestazioni espressivo-comportamentali.

Secondo questa teoria, l’emozione non si verifica a livello viscerale ma cerebrale nei circuiti del paleoencefalo (in particolare il Talamo e l’Ipotalamo, aree del sistema nervoso centrale che si trovano al di sotto della corteccia e che ricevono ed organizzano input esterni e interni), che attiverebbero le funzioni corticali e, in un secondo tempo, viscerali. In questa teoria, quindi, il flusso degli eventi procede dall’evento emotigeno al Sistema Nervoso (nelle zone del Talamo e dell’Ipotalamo) e da questo simultaneamente sia ai visceri che alle aree corticali per l’elaborazione cognitiva dell’evento stesso.

Cannon studiò in particolare la reazione di “emergenza”, evidenziando l’azione dell’arousal simpatico, cioè l’insieme delle risposte neurofisiologiche che compaiono simultaneamente all’emozione: accelerazione del battito cardiaco e della respirazione, sudorazione, vasocostrizione gastroenterica e cutanea, incremento valori glicemici, diminuzione salivazione, dilatazione pupilla e piloerezione.

Nonostante le critiche mosse ad entrambe le teorie, gli studiosi hanno in seguito convenuto che sia la teoria centrale che quella periferica cogliessero aspetti importanti dell’esperienza emotiva.

scritto da Giovanni Marcacci